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Devoti
alla Madonna da 250 anni
Capistrano ricorda l’arrivo
del simulacro della “Vergine di Polsi”
Calabria Ora, 23 novembre 2009
CAPISTRANO -
Si celebrano quest’anno i 250
anni dall’arrivo a Capistrano della splendida statua lignea della
Madonna della Montagna di Polsi. Un simulacro prezioso, che racchiude in
sé tutta la storia, la tradizione e la fede riposte in essa per un
quarto di millennio dal popolo di Capistrano. Sebbene le celebrazioni
festive si tengano ogni seconda domenica d’agosto, il 21 novembre,
ricorrenza della “Presentazione della Vergine Maria”, costituisce
l’altra data nella quale si inquadrano i festeggiamenti.
IL CULTO
Il culto della Madonna della
Montagna di Polsi risale all’anno 1144. La tradizione narra che un
mandriano, stretto dalla necessità di cercare un toro smarrito, si
spinse nell’impervia contrada di Polsi. Qui trovò il suo toro
inginocchiato davanti una croce di ferro che l’animale stesso aveva
riportato alla luce scavando. In quello stesso istante, al pastore che
sostava in preghiera, apparve
la Madonna che gli indicò dove
avrebbe dovuto sorgere una chiesa. Un’altra tradizione, invece, colloca
al posto del pastore, il conte Ruggiero in una battuta di caccia. E’
questo il celebre “Miracolo di Polsi”. Furono i monaci Basiliani a
diffondere la devozione alla Croce e alla Madonna sotto il titolo di
“Santa Maria di Polsi”. Nel Santuario di Polsi, dentro la nicchia
dell’altare, troneggia il maestoso simulacro, scolpito su pietra
tufacea, della Madonna con il Bambino in braccio collocato,
probabilmente, nell’anno 1560, secondo quanto riferisce Corrado Alvaro.
La statua pesa otto quintali e l’antica usanza prevedeva che venisse
rimossa dalla sua sede originaria ogni cinquant’anni, in occasione della
cerimonia di incoronazione, avvenuta per la prima volta nel 1881. Questa
tradizione è stata modificata per volere dell’ex vescovo della diocesi
di Locri – Gerace, monsignor Giancarlo Maria Bregantini, il quale ha
stabilito che l’incoronazione avvenisse ogni venticinque anni, il
normale ciclo di una generazione. Relativamente più recente (luglio
1757), l’introduzione del culto a Capistrano per volere del parroco pro
tempore, don Domenico Zerbi, originario di Radicena, l’odierna
Taurianova. Don Zerbi, di ritorno da uno dei suoi pellegrinaggi annuali
a Polsi, portò a Capistrano alcune icone della Madonna della Montagna ed
una di esse fu esposta in chiesa alla venerazione dei fedeli. La
realizzazione della statua di Capistrano fu commissionata allo
«statuario di Serra, maestro Antonio Reggio, venuto da Napoli», e fu
consegnata e consacrata nella Domenica in Albis (quella successiva alla
Pasqua) del 1759. La celebrazione della festa richiamò subito fedeli
provenienti da molti paesi del circondario vibonese e dell’odierna
provincia di Catanzaro.
MIRACOLI E GUARIGIONI
Esiste una nutrita
documentazione negli archivi parrocchiali, relativamente ai miracoli e
alle guarigioni attribuiti alla Madonna della Montagna. Uno dei più
noti, è la prodigiosa guarigione del nipote dell’arciprete Zerbi che, a
causa di una rara malattia aveva perso l’uso della parola. Mentre tutti
attendevano la sua morte, fu innalzata una supplica alla Vergine, alla
quale seguì la prodigiosa guarigione. In altre cronache capistranesi si
legge, ancora, che durante la prima processione della Madonna di Polsi,
svoltasi a Capistrano nel 1759, la statua lignea, per ben cinque volte,
si rese pesantissima ai portantini, tanto da non permettere loro di
muovere nemmeno un passo. Nelle cronache si legge: «Fu necessario
l’intervento del predicatore: il celebre Padre Giubilato dei Minori
Osservanti, il quale spiegò che con quel gesto
la Madonna voleva manifestare
la Sua volontà di rimanere sempre in Capistrano, nel cuore e nell’anima
di tutti i capistranesi e forestieri. Così si sollevarono gli animi,
tornò la serenità, la calma e si poté concludere quella memorabile
processione».
IL FURTO DEL BAMBINELLO
Indelebile nella memoria dei
capistranesi rimarrà la vicenda del furto e successivo ritrovamento del
Bambinello, trafugato nel 2006 ad opera di un “collezionista” di oggetti
sacri. Un avvenimento che provocò un profondo shock nella comunità e
che, per fortuna, si concluse nel migliore dei modi, a seguito della
brillante “Operazione Trovatello”, portata a termine dal Nucleo
Regionale Tutela Patrimonio Culturale dei carabinieri, agli ordini del
capitano Raffaele Giovinazzo.
LEGAME INDISSOLUBILE
Sempre per rimanere in tema di
eventi prodigiosi, si ricorda la suggestiva testimonianza dello stesso
capitano Giovinazzo resa alla comunità capistranese nel giorno del
ricollocamento del Bambinello sul simulacro. Una testimonianza che fa
molto riflettere su come storia e miracoli si possano ripetere. «Sono
molto devoto alla Madonna della Montagna – raccontò il capitano - e
quando ho appreso che a Capistrano era stato rubato il Bambinello, ho
cercato di profondere il massimo impegno per le ricerche. Quando,
assieme ai miei uomini, abbiamo arrestato l’autore del furto, lui stesso
mi ha raccontato che questo Bambinello aveva qualcosa di particolare.
Infatti, mentre si stava accingendo a ripulirne il volto, ha visto
cadere dal suo banco di lavoro la statua che, senza danneggiarsi, è
rimasta in piedi, senza rovesciarsi a terra. Una cosa fisicamente
impossibile – spiegò ancora Giovinazzo – perché la piccola scultura è
sprovvista di basamento e può rimanere in piedi solo se ancorata al
simulacro. Il tutto è successo esattamente mezz’ora prima che noi
giungessimo sul posto per arrestarlo. Questa persona mi riferì di aver
compreso che quel Bambinello non voleva rimanere in casa sua».
Nell’incredibile evento raccontato dal capitano Giovinazzo, i fedeli
capistranesi, dopo due secoli e mezzo, hanno ripercorso le tracce di un
segnale forte. La “volontà” del Bambinello di tornare tra loro, al posto
che gli spetta. Un vincolo, dunque, che l’antropologo Vito Teti
definisce come «legame indissolubile tra i luoghi e le Madonne, che
scelgono, indicano, “impongono” la sede della loro chiesa o del loro
santuario». In un intreccio di fede e devozione che si riassumono
nell’inno alla Vergine: Tu sei quel rivolo che il cor ci bagna/ O bella
Vergine della Montagna.
ANDREA FERA
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