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CAPISTRANO:
UNA STORIA AFFASCINANTE
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LE NOSTRE
ANTICHE ORIGINI |
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Per
scoprire le nostre origini, dobbiamo ritornare indietro oltre 3000 anni. Un popolo di lingua greca arrivo` e si stabili` nel nord della Grecia,
al confine con l'Albania. Col tempo si
trasferirono
nella zona centrale della Grecia. Li crearono due stati adiacenti: "Locris" e
"Focis". Da li
parti` un numero notevole di greci chiamati "locresi" e "focesi" che approdo` nel sud-est della Calabria. Questi
greci, nostri antenati, crearono una
colonia forte e prospera chiamata "Locri Epizefirii", nella
zona dell'odierna Locri. Col passar degli anni, si decisero di estendere il loro controllo sulla parte
ovest della Calabria e percio` formarono le colonie di Medma (Rosarno) ed
un'altra nella zona di Vibo chiamata "Hipponion". Dopo Hipponion crearono due altre colonie, un po` piu`
a nord, una chiamata "Napitia" (Pizzo) e, secondo
alcuni, un'altra chiamata Crissa, nella
zona della Rocca Angitola a sud del fiume.
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I nostri
antenati greci originavano principalmente da Locris e, secondo alcuni,
furono accompagnati da altri che originavano dallo stato di Focis.
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Queste
tre colonie furono conquistate dai romani, durante la meta` del secondo
secolo avanti Cristo e divennero loro colonie. I due popoli si
unirono, ma il sangue della nostra gente, secondo il massimo storico sulla
nostra zona, Giuseppe Greco, rimase maggiormente greco.
I nostri
antenati rimasero in quella zona fino all'ottocento dopo Cristo quando, a causa
di atttacchi continui da parte dei saraceni, alcuni si trasferirono nell'interno della zona, mentre altri trovarono rifugio nella Rocca Angitola.
Col
tempo, dato i pericoli, anche gli abitanti della Rocca Angitola si trasferirono nelle zone
distanti dalla costa e dai saraceni dove crearono diverse comunita`. Una di
queste comunita` fu Capistrano.
Purtroppo il 950 dopo Cristo i saraceni distrussero quasi totalmente
Capistrano, uccisero alcuni suoi abitanti e portarono altri in schiavitu`.
Con molta probabilita` cio` avvenne di nuovo l'anno 983 quando gl'invasori
musulmani distrussero completamente la citta` di Vibo.
Il continuo pericolo saraceno spinse la
nostra gente a prendere dei ricorsi drastici. Lo storico capistranese, Giovanni Manfrida, nel suo libro Capistrano Ieri ed Oggi,
pp. 37-38, ci informa che un nucleo di capistranesi chiesero la protezione del Conte di
Arena e si trasferirono nella zona di Vallelonga, a circa
dieci chilometri di distanza. Cio` avvenne durante gli anni
1122-1124.
I Capistranesi divennero sudditi della famiglia Arena fino al 1304 quando essendo il pericolo musulmano fortemente diminuito si decisero di ritornare al loro
paese.
Purtroppo un’altro pericolo li attendeva, ma non fu il
pericolo di invasori, bensi` era il pericolo dei terremoti.
La
Calabria, sfortunatamente, e` in continuo pericolo di terremoti, dato che da
noi, ed in gran parte dell’Italia meridionale e centrale, si scontrano due
croste terrestre che contribuiscono a terremoti devastanti.
Il nostro
paese fu danneggiato da un forte terremoto il 1638 e fu poi devastato da un'altro terribile terremoto 1659. Sedici
capistranesi furono uccisi e quaranta case furono distrutte. Tante altre
case furono danneggiate.
Il 1783 fu
un’altro anno orrendo per i nostri antenati. Un forte terremoto danneggio`
severamente il nostro paese, il 5 Febbraio. A causa delle continue scosse
telluriche, la nostra povera gente dovette trasferirsi nelle campagne
circostanti. Questa fu un’idea molto saggia perche` il 28 marzo dello stesso
anno un’altro potente terremoto distrusse il nostro Capistrano “completamente”.
E percio`, ancora una volta, i nostri antichi parenti dovettero iniziare da
zero
(Gianni Manfrida, Capistrano Ieri ed Oggi, p. 46).
Altri
violenti terremoti colpirono la zona nel 1894 e nel 1870. Il paese fu
fortemente danneggiato il 1905 quando diverse case furono totalmente
distrutte.
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Le
Baracche”: Costruite per ospitare i senza tetto, a causa del terremoto
del 1908.
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I TERREMOTI DEL
1783 E LA CALABRIA |
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Nell’ultima sezione vi ho informati di un
terremoto che colpi` e devasto’ il nostro paese nel 1783. Voglio brevemente
ritornare a quell’avvenimento perche` fu una catastrofe che lascio` grande
strazio e devastazione, non soltanto a Capistrano, ma in tutta la Calabria.
Infatti, le scosse telluriche furono circa 800 a 900 e durarono circa
tre anni. A causa di essi, circa duecento paesi e citta` furono devastati o
fortemente danneggiati. Da trenta a cinquantamila
calabresi furono massacrati. Il numero di feriti fu` immenso. I danni furono
incalcolabili. Alcuni paesi furono rasi al suolo e non furono piu`
ricostruiti. Per esempio, nella nostra zona, il paese di Castelmonardo fu abbandonato e gli abitanti sopravvissuti iniziarono da zero a pochi
chilometri di distanza con un nuovo
paese che chiamarono Filadelfia.
Purtroppo fra i quattro piu` potenti terremoti del 1783, due ebbero come
epicentro zone vicine a Capistrano. La scossa del primo marzo 1783 ebbe il suo
epicentro nella zona di Polia e un’altra che
avvenne il 28 Marzo, (che distrusse totalmente il nostro paese) ebbe come
epicentro la zona di Borgia e Girifalco, relativamente vicini a Capistrano
in linea direttta.
La ragione per questa mia doppia emfasi non e` soltanto per illuminarvi
sugli avvenimenti storici e traumatici che colpirono la nostra gente in quel
periodo. Voi
che abitate a Capistrano, oppure in altre zone con alta probabilita` di terremoti,
dovete prepararvi per tali “probabili” avvenimenti.
Il Sito seguente sito
tratta il soggetto dei terremoti in Calabria ed offre una sezione intitolata, “Cosa Fare in Caso di Terremoti”.
Essa contiene
consigli eccellenti che potrebbero essere di grande aiuto in caso di
terremoti.
COME
PROTEGGERSI DURANTE UN TERREMOTO
La famiglia più importante di
Capistrano, intorno alla quale per tre secoli ha ruotato la storia del
paese, è certamente la famiglia Bongiorno, che, dal 1686 alla sua estinzione
per mancanza di eredi, avvenuta con la morte dell’ultimo suo rampollo nel
1944, ha rappresentato, per la comunità, il potere economico, la matrice
culturale, non trascurabile in tempi di analfabetismo generalizzato,
l’orientamento sociale e politico, nonché il centro di aiuti dei diseredati
e dei bisognosi, ma anche talvolta, la sede di sfruttamento di coloro che,
nei casi di necessità, ad essa si rivolgevano per sovvenzioni ed interventi economici di varia
natura. (Per leggere il resto del
capitolo, scritto dal Professore Giovanni Manfrida,
cliccare qui.)
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Don Pietro
Bongiorno e il suo cenotafio nella chiesa madre. |
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IL
CULTO DELLA MADONNA DELLA MONTAGNA DI POLSI |
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Il culto della Madonna
della Montagna di Polsi risale all’anno 1144. La tradizione narra che un
mandriano, stretto dalla necessità di cercare un toro smarrito, si spinse
nell’impervia contrada di Polsi. Qui trovò il suo toro inginocchiato davanti
una croce di ferro che l’animale stesso aveva riportato alla luce scavando.
In quello stesso istante, al pastore che sostava in preghiera, apparve la
Madonna che gli indicò dove avrebbe dovuto sorgere una chiesa. Un’altra
tradizione, invece, colloca al posto del pastore, il conte Ruggiero in una
battuta di caccia. E’ questo il celebre “Miracolo di Polsi”. Furono i monaci
Basiliani a diffondere la devozione alla Croce e alla Madonna sotto il
titolo di “Santa Maria di Polsi”. Nel Santuario di Polsi, dentro la nicchia
dell’altare, troneggia il maestoso simulacro, scolpito su pietra tufacea,
della Madonna con il Bambino in braccio collocato, probabilmente, nell’anno
1560, secondo quanto riferisce Corrado Alvaro. La statua pesa otto quintali
e l’antica usanza prevedeva che venisse rimossa dalla sua sede originaria
ogni cinquant’anni, in occasione della cerimonia di incoronazione, avvenuta
per la prima volta nel 1881. Questa tradizione è stata modificata per
volere dell’ex vescovo della diocesi di Locri – Gerace, monsignor Giancarlo
Maria Bregantini, il quale ha stabilito che l’incoronazione avvenisse ogni
venticinque anni, il normale ciclo di una generazione. Relativamente più
recente (luglio 1757), l’introduzione del culto a Capistrano per volere del
parroco pro tempore, don Domenico Zerbi, originario di Radicena, l’odierna
Taurianova. Don Zerbi, di ritorno da uno dei suoi pellegrinaggi annuali a
Polsi, portò a Capistrano alcune icone della Madonna della Montagna ed una
di esse fu esposta in chiesa alla venerazione dei fedeli.
(Andrea Fera)
Da continuare...
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